Rinoplastica Open/Closed Strutturale: la migliore garanzia per un risultato a lungo termine


La domanda più frequente che mi viene posta in tema di rinoplastica è:
"Come effettua l'intervento, dal punto di vista tecnico"?
In 20 anni di attività ho selezionato le tecniche chirurgiche che mi hanno dato i risultati migliori in termini di stabilità a lungo termine.
Vi sono molti altri criteri per scegliere la tecnica chirurgica, tra quelle disponibili, ma ho selezionato questo perchè ritengo sia quello "chiave".
Capita di vedere ex-pazienti che, diventati genitori, mi portano i figli per lo stesso intervento e quindi posso esaminare l’esito di molte rinoplastiche dopo molti anni e valutarne le conseguenze.
Per questo, negli ultimi mesi, con l’aiuto di alcuni colleghi anche loro con molta esperienza, ho effettuato una revisione critica della mia casistica e sono giunto ad alcune conclusioni.
La rinoplastica è, nella maggior parte dei casi, un intervento di riduzione.
Si riducono il gibbo, la larghezza frontale e il volume della punta (queste sono le tre richieste più frequenti).
Quali possono essere gli inconvenienti a lungo termine di una rinoplastica di riduzione?


Successivamente compaiono i problemi più frequenti legati alla semplice riduzione:
- aspetto francamente chirurgico del naso
- naso troppo piccolo in rapporto al viso
- difficoltà respiratoria
- poco sostegno alla punta
- retrazione dell’ala nasale
- narici troppo visibili frontalmente
- deficit statico e dinamico delle valvole nasali
- altri difetti minori, ma altrettanto importanti
Ovviamente per spiegare come evitare/ridurre queste complicanze vi parlo esclusivamente della mia personale esperienza.
Non voglio generalizzare né dare indicazioni su quali siano le tecniche migliori in assoluto, ma solo raccontarvi ciò che ho dedotto dalla mia esperienza.
E il modo per ridurre queste complicanze e non avere il classico segno della rinoplastica solo di riduzione, è l’utilizzo dell’approccio di RINOPLASTICA OPEN/CHIUSA STRUTTURALE.
Perché il termine “Open/Closed”?


Con la combinazione dei due approcci è più facile accedere alla porzione basale del setto e alle deformità complesse del setto.
Il solo approccio "open" permette un accesso al setto nasale solo di tipo “TOP-BOTTOM”, che è limitante nella gestione delle deviazioni-deformità complesse.
Con le incisioni della "closed" si abbina un approccio “bottom-top” che aumenta l’esposizione settale, il posizionamento di certi innesti e rende tutto l’intervento più semplice, senza alcuno svantaggio.
Quali sono gli altri vantaggi di questo approccio "open/closed strutturale"?
- Si espongono meglio le strutture del naso “esterno” ed “interno”.
- Migliore gestione degli interventi combinati estetici e funzionali.
- Migliore gestione delle asimmetrie, dei nasi post-traumatici, del naso laterodeviato, del naso torto, degli interventi secondari. Spesso vi sono piccole asimmetrie che sono correggibili (secondo me) con successo solo con la rinoplastica open che permette di osservare, ad esempio nel caso della punta, le cartilagini alari nella loro posizione statica, neutra, senza la trazione tipica dell’approccio "closed".
- Migliore gestione degli inestetismi complessi della punta: ipoproiezione, iperproiezione, eccessiva rotazione verso il basso o verso l’alto, deviazioni e torsioni.
Qual è l’elemento più importante della rinoplastica OPEN/CLOSED STRUTTURALE?
Con questa tecnica, dopo la fase di riduzione, si ricrea una struttura cartilaginea del nuovo naso, in modo da dare stabilità nel lungo termine, preservando il risultato estetico e la funzione.
Gli innesti sono prelevati dal setto nasale (nella rinoplastica primaria) o dal padiglione auricolare e dalle coste (nella rinoplastica secondaria).
In alcuni casi utilizzo anche innesti di fascia del muscolo temporale.
Quali sono gli innesti che più frequentemente utilizza?
Durante i mesi dopo l’intervento, la cute del naso si contrae (cicatrizzazione) e ciò può deformare la punta (comparsa di asimmetrie, perdita di proiezione, rotazione verso il basso, supratip, deficit respiratorio, ecc). L’innesto columellare è la garanzia che queste complicanze non si verifichino o siano ridotte al minimo.
























In altri casi utilizzo una combinazione di cartilagine frammentata e fascia per muscolo temporale per strutturare il dorso del naso (“DCF- diced cartilage & fascia”), ad esempio nella correzione del naso a sella.


Quali sono gli altri vantaggi della "open" riguardo la parte estetica?
Da alcuni anni non asporto più le crura laterali delle cartilagini alari. Questa manovra chirurgica è quella più comune e più frequentemente utilizzata per ridurre le dimensioni della punta. Porta con sé notevoli inconvenienti, sia estetici (retrazione alare, punta pinzata, ecc) che respiratori (deficit statico e dinamico della valvola nasale esterna).
Con questo approccio di tipo "open strutturale" sono in grado di conservare le crura laterali e rinforzarle modellandole (“alar tun-in flap”, “alar turnover flap”) oppure utilizzando innesti cartilaginei.






Preservo sempre il triangolo di Webster, per evitare un restringimento eccessivo delle fosse nasale, sia estetico che funzionale, a causa della eccessiva mobilizzazione del complesso osso nasale-cartilagine triangolare.


Dal punto di vista funzionale, invece, quali sono i vantaggi?
In questi casi è necessario riposizionare il setto nasale lungo la linea mediana e fissarlo alla sua sede naturale, la spina nasale.
In casi più complessi si deve ricostruire sia la parte inferiore che quella dorsale del setto nasale (“L-strut”, supporto a “L”), anche con l’ausilio di innesti.
In situazioni ancora più rare il setto nasale cartilagineo è talmente deforme che è necessario rimuoverlo completamente, ricostruirlo e riposizionarlo (settoplastica extracorporea). In questi casi di chirurgia settale avanzata certamente l’approccio OPEN/CLOSED è insuperabile.
Funzionale però non significa solo setto nasale e turbinati, cosa ci può dire d’altro?
La valvola nasale esterna, che spesso è l’elemento più debole e che soffre le peggiori conseguenze di un intervento semplicemente riduttivo (ad esempio per creare una punta esteticamente più piccola), trova nella OPEN l’approccio migliore per ricrearne la struttura, in modo da evitare le complicanze.
Questo obiettivo si raggiunge con innesti cartilaginei di supporto.
Ritiene che l’approccio OPEN/CLOSED sia più invasivo?
L’ampia esposizione offerta dall’approccio open/closed permette di preservare i legamenti che uniscono le cartilagini tra loro (legamenti interdomale, intercrurale, piriforme, Pitanguy, scroll), oppure, nel caso debbano essere sezionati, di ricostruire queste giunzioni con suture.
